“Capisce quello che voglio dire, capisce cosa deve essere la scuola? Un tempio sfasciato ma sacro dove avvicinarsi al mistero della vita, giorno dopo giorno, prima che la maturità sgretoli definitivamente le sue colonne e cancelli ogni verità. Le griglie, i programmi, i voti non significano niente rispetto a quel vuoto che ogni mattina si riempie di storie incomprensibili e di numeri e di parole, e che alle due del pomeriggio si svuota di nuovo, respiro che entra e che esce, sistole e diastole e tachicardie che muovono il sangue del mondo. Bisogna solo rendere consapevoli quel respiro e quel battito, nient’altro che questo: obbedire al ritmo profondo dell’esistenza, riconoscerlo, approvarlo.”
“Il Preside”, Marco Lodoli (2020)
Oggi è la Giornata mondiale degli insegnanti, una giornata di celebrazione del lavoro degli insegnanti istituita dall’UNESCO, l’agenzia delle Nazioni Unite che promuove l’educazione, la scienza e la cultura, istituita 26 anni fa, nel 1994, per commemorare la sottoscrizione delle Raccomandazioni dell’UNESCO sullo status di insegnante (1966), definita dall’agenzia la principale base di riferimento per i diritti e le responsabilità dei docenti su scala mondiale.
Anche noi vogliamo ricordarla attraverso i volti di tutte e tutti gli insegnanti che abbiamo incontrato in questi anni di lavoro e che ci hanno insegnato tanto di questo lavoro appassionante, complicato e carico di sfide.
Grazie anche a quelli stanchi, demotivati e frustrati che non riuscivano più a vedere chi avevano di fronte. Anche attraverso loro abbiamo capito tanto.
Ma soprattutto il nostro pensiero va agli insegnanti che hanno iniziato questo anno scolastico al tempo del Covid-19, così complesso e carico di preoccupazioni.
Grazie a quelli che prima dell’inizio della scuola hanno dedicato anche le loro domeniche a tracciare sul pavimento linee da rispettare, a quelli che hanno deciso prima di cominciare le lezioni di mostrare ai ragazzi come sarebbe stato il nuovo modo di muoversi in spazi vecchi. A coloro che progettano modalità diverse di fare scuola, integrando il vecchio e il nuovo. A quella maestra che ritiene impossibile non poter toccare il quaderno dei propri bambini di terza primaria per ben due giorni (come da indicazioni). A quelli per cui il distanziamento non ha impedito la vicinanza affettiva ed emotiva, a coloro che lavorano su un’integrazione che non è ostacolata dalle paure, oggi forse più forti che mai.
La scuola non è un’entità che si muove da sola, certo i ragazzi sono l’aspetto vitale che riempie e svuota della loro presenza, ne danno il respiro. Ma questo può avvenire solo se degli adulti appassionati e responsabili riescono “ad obbedire, riconoscere ed approvare il ritmo profondo dell’esistenza”.